Compri un nuovo videogame, e vorresti già sapere dove va a
parare nell'arco del primo paio di ore di gioco. Leggi un libro, ma ti aspetti
che si renda interessante entro e non oltre le prime venti pagine. Conosci una
persona, e le dai lo spazio di poche battute per rendersi sufficientemente
interessante. Guardi una nuova serie tv, e sei così dannatamente critico sulla
sua qualità, che la bocci al primo episodio.
Andiamo tutti veloce. L'interesse deve essere catturato da
subito. Ma nessun problema, ci annoieremo comunque presto. Cambieremo molto in
fretta l'oggetto della nostra attenzione. È così che viviamo ora. Nelle piccole
unità di misura temporali.
David Cronenberg racconta questo, con il suo Cosmopolis. Gli
affari, le fortune, le rovine, i rapporti, il sesso, le relazioni, gli
incontri. Tutto viene fatto in fretta. Così tanto che una rivoluzione si spegne
nell'arco di poche ore. Così veloce che imperi economici collassano
inesorabilmente, assorbiti dalla loro maniacale ricerca di modelli di previsione
tanto perfetti quanto asettici.
Puoi fermarti a ragionare. Questo suggerisce il regista. Ma
è faticoso. E, troppo spesso, frustrante. Perchè nel momento in cui ti fermi, nell'istante
stesso in cui compi la scelta di prendere il tuo tempo ed utilizzarlo per
capire cosa accade, invece di cercare l'ennesima attività fugace e nevrotica,
ti renderai conto.
Di cosa?
Della pochezza. Della disillusione. Del modo in cui si riempiono buchi emotivi ed esistenziali con azioni dal ritmo forsennato e impietosamente superficiali.
Di cosa?
Della pochezza. Della disillusione. Del modo in cui si riempiono buchi emotivi ed esistenziali con azioni dal ritmo forsennato e impietosamente superficiali.
Corri e brucia. O fermati, e lasciati consumare dalla
contingenza.
I dialoghi sono complessi e spesso brillanti. Non un film
per tutti, questo è certo. Qualcuno ci vedrà orpelli artificiosi per nascondere
clichè. Altri, noteranno che le stesse scelte di non immediatezza sono un
ulteriore strumento, per mostrare l'artificio che nasconde la miseria del
singolo, e del tessuto sociale in cui vive.
Da vedere e rivedere (almeno un'altra volta).
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