28.5.12

[RECE] - Cosmopolis


Compri un nuovo videogame, e vorresti già sapere dove va a parare nell'arco del primo paio di ore di gioco. Leggi un libro, ma ti aspetti che si renda interessante entro e non oltre le prime venti pagine. Conosci una persona, e le dai lo spazio di poche battute per rendersi sufficientemente interessante. Guardi una nuova serie tv, e sei così dannatamente critico sulla sua qualità, che la bocci al primo episodio.
Andiamo tutti veloce. L'interesse deve essere catturato da subito. Ma nessun problema, ci annoieremo comunque presto. Cambieremo molto in fretta l'oggetto della nostra attenzione. È così che viviamo ora. Nelle piccole unità di misura temporali.
David Cronenberg racconta questo, con il suo Cosmopolis. Gli affari, le fortune, le rovine, i rapporti, il sesso, le relazioni, gli incontri. Tutto viene fatto in fretta. Così tanto che una rivoluzione si spegne nell'arco di poche ore. Così veloce che imperi economici collassano inesorabilmente, assorbiti dalla loro maniacale ricerca di modelli di previsione tanto perfetti quanto asettici.
Puoi fermarti a ragionare. Questo suggerisce il regista. Ma è faticoso. E, troppo spesso, frustrante. Perchè nel momento in cui ti fermi, nell'istante stesso in cui compi la scelta di prendere il tuo tempo ed utilizzarlo per capire cosa accade, invece di cercare l'ennesima attività fugace e nevrotica, ti renderai conto.
Di cosa?
Della pochezza. Della disillusione. Del modo in cui si riempiono buchi emotivi ed esistenziali con azioni dal ritmo forsennato e impietosamente superficiali.
Corri e brucia. O fermati, e lasciati consumare dalla contingenza.
I dialoghi sono complessi e spesso brillanti. Non un film per tutti, questo è certo. Qualcuno ci vedrà orpelli artificiosi per nascondere clichè. Altri, noteranno che le stesse scelte di non immediatezza sono un ulteriore strumento, per mostrare l'artificio che nasconde la miseria del singolo, e del tessuto sociale in cui vive.
Da vedere e rivedere (almeno un'altra volta).