22.6.13

[RECE] - Man of Steel

Vado a vedere il film con un giorno di ritardo, rispetto alle mie intenzioni. In sala hanno messo tanta aria condizionata, che un orso polare ha ben pensato di uscire un secondo, per andare in macchina a prendere almeno una sciarpina per la gola. Passo l'interminabile mezz'ora di pubblicità e trailer, pensando alle grandi aspettative che ho per il film, e alle numerose critiche di cui ho letto in rete in questi giorni.

Diciamolo da subito. A Supes ci vogliamo proprio bene. Il me bambino ha amato il personaggio da subito. Ha messo una tovaglietta rossa nel colletto della maglietta, fingendo fosse il suo mantello. Ha volato con Cristopher Reeve nella prima pellicola. E, poi, non ha più trovato la magia di quelle sensazioni nei vari capitoli successivi. Per non parlare dell'asincrono tentativo di riprenderne la narrazione nel 2006.

Il me bambino continua a seguirne le avventure fumettistiche. Anche nei momenti in cui i team che lo gestiscono fanno un lavoro non precisamente apprezzabile. Insomma, Superman è sempre stato qualcosa di più che un semplice personaggio.

Sappiamo cosa hanno fatto Snyder e Nolan. E sappiamo anche cosa ha fatto Goyer. Inutile tornarci sopra. Voglio semplicemente guardare questo Man of Steel. Lasciare fuori i pregiudizi e sperare. Sperare di vedere un film che non mi faccia soffermare su aspetti tecnici, su gestioni e scelte di regia, su adesione più o meno aderente a certi canoni che, sia mai, non possono essere toccati. Il me bambino ha semplicemente voglia di volare, ancora una volta.

Non è l'Azzurrone di Moore/Swan. Non è nemmeno quello di Morrison/Quitely. E no, non si tratta neppure di quello di Johns/Frank.

Ma ho sentito l'amore di un genitore. Ho avvertito la sensazione di essere fuori posto, nel tentativo di cercare un percorso per sè stessi. Ho visto la forza, e la gentilezza. Ero su Krypton. Ero a Smallville. Ero a Metropolis. Superman, l'Uomo d'Acciaio, stava volando. Ed io con lui.

Il me bambino inizia un diverbio con il me uomo di trentaquattro anni. Uno dice che non è questo Superman. L'altro sostiene che, questo, sia un Superman diverso. Un Superman che risponde molto più realisticamente a questo mondo. Il sense of wonder non è morto. È solo molto diverso da quello di un tempo. Si guardano un po' storto, entrambi troppo cocciuti, il me bambino e l'uomo. Ma, ehi, non sono forse entrambi con l'immagine di sè, pugni chiusi ai fianchi, e mantello rosso alle spalle? Up, up and away.

ps: si, si. è ovvio che abbia notato il camion e l'autocisterna con il logo LexCorp!!
pps: Faora/Ursa è qualcosa di fenomenale. Gli occhi di quella donna...