4.7.10

La casa degli dei

Il volto viene colpito da centinaia di aghi di ghiaccio liquido. Tempestano il corpo senza concedere alcuna tregua, così come fanno le lingue di acqua salata che lambiscono la nave nel desiderio di divorarla. È notte, ma non servono stelle per guidare la tua rotta. C'è tuo figlio, che ora riposa tra le onde, a guidarti. La sua barca l'ha trasportato per l'ultima volta sulla superficie che non si ferma mai. Poi, il fuoco l'ha reso una cosa sola con le sue profondità, ed egli è ora ovunque.

Accarezzi delicatamente il metallo dell'arma. Scorri le dita sul bordo affilato delle ali spiegate di un pipistrello e, nel farlo, esse reclamano il prezzo della tua essenza. Una goccia di te precipita in mare. È giusto che sia così, per dire a colui che sarebbe stato tuo erede che non lascerai che ciò che accadde resti impunito. Per dirgli che il vostro sangue è lo stesso e che il riposo sarà infine concesso ad entrambi.

Il viaggio è stato lungo, ma già scorgi le prime ombre di quel boccone amaro che le acque non cessano un istante di tentare di inghiottire. Alzi gli occhi al cielo, lasciando che tutto il tuo essere venga purificato da questa notte bagnata, in cui gli occhi degli dei non potranno vedere ciò che verrà. Ma è certo che l'eco del tuo grido squoterà lo stesso Bifröst. E, allora, anche essi sapranno.

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