11.10.09

L'uomo che non conosce fine


La trasmissione alla tv era noiosa. L'uomo cercò pigramente il telecomando per cambiare canale. Desistette. Non aveva grachè voglia di premere inutilmente il pulsante di avanzamento, solo per ritrovarsi di fronte ad un diverso programma, ugualmente tediante quanto il primo.
La stanza era in ombra, eccezion fatta per la luminosità emessa dallo schermo. Il divano pareva il miglior posto al mondo. D'altra parte, non c'era alcuna buona ragione per muoversi da lì. C'era tutto ciò di cui aveva bisogno.

Passò ancora un'ora, prima che il telefono iniziasse a squillare. Quel trillo era sicuramente fastidioso. Ma mai quanto lo sarebbe stato il fatto di alzarsi, sollevare il ricevitore, ed iniziare qualsiasi dannato tipo di discussione con chiunque fosse il dannatissimo tizio che stava chiamando. L'uomo non si mosse dal divano, nè dalla posizione comoda che aveva assunto da un tempo che sembrava non aver nemmeno inizio.

Forse si era addormentato, o forse si era semplicemente perso così tanto nei suoi pensieri, da non riuscire a rendersi conto immediatamente che qualcuno, fuori, stava bussando alla porta di casa. Tutto questo baccano risultò irritante all'uomo. Fece un cenno verso l'entrata, o magari credette solo di averlo fatto. Dio, che fastidio quel bussare.

Era ancora sul divano. Potevano essere passate alcune ore. Forse erano giorni. Fossero stati anni, non avrebbe fatto alcuna differenza. L'uomo si trovava lì. Al centro del suo appartamento. Ma poteva essere il centro del nulla. Un battito di ciglia poteva essere eterno.
Fermare tutto un universo è davvero così semplice.
Basta. Semplicemente. Restare. Fermi.
Sempre.

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